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La cuffia dei rotatori è costituita dai tendini di quattro muscoli che, originando dalla scapola, si inseriscono sulla testa omerale. È costituita dai tendini dei muscoli sovraspinato, sottospinato, piccolo rotondo e sottoscapolare.
Questi tendini possono andare incontro a infiammazione, lesione traumatica e lesione degenerativa con rottura parziale o completa.
Nel 90% dei casi la rottura è di natura degenerativa (soprattutto nei soggetti meno giovani), mentre nel 10% è di natura traumatica (soprattutto nei soggetti più giovani).
Le rotture degenerative della cuffia dei rotatori sono la naturale evoluzione di una tendinopatia cronica della cuffia e di un conflitto esterno sotto-acromiale e interessano principalmente il tendine del muscolo sovraspinato. In questi casi il progressivo indebolimento tendineo (legato alla degenerazione) fa in modo che, soprattutto durante i movimenti di abduzione del braccio, la testa omerale risalga eccessivamente e, non venendo stabilizzata dal tendine del sovraspinato, porta a un ulteriore conflitto delle strutture acromiali.
Le rotture traumatiche della cuffia dei rotatori riguardano soprattutto pazienti giovani, sportivi “overhead” durante la pratica sportiva (come giocatori di basket, pallavolo, baseball) che riportano lesioni da sovraccarico ripetuto, oppure sono conseguenza di cadute sul moncone di spalla nel corso di incidenti. Questo tipo di infortunio è spesso associato a lussazione anteriore o a frattura dell’omero.
Il dolore è il sintomo principale: compare dopo normale attività sportiva, particolarmente dopo periodi di intensificazione dell’attività, a gradi estremi di articolarità e spesso in regione anteriore, laterale della spalla, ma anche sotto-acromiale e in abduzione/extra-rotazione e sopra i 90° di flessione. Talora compare di notte. Tendenzialmente migliora con il riposo.
L’intra-rotazione dell’omero è spesso ridotta, mentre l’extra-rotazione è aumentata rispetto al lato sano. Coesistono spesso alterazioni del ritmo scapolo-omerale.
Gli esami strumentali di riferimento sono la radiografia, per escludere la presenza di calcificazioni dei tessuti molli e studiare la forma del profilo dell’acromion della scapola; l’ecografia, per valutare la cuffia dei rotatori, il capo lungo del bicipite brachiale e la borsa subacromiale; RMN e TAC per effettuare un esame completo dell’articolazione.
Il trattamento della rottura parziale della cuffia può essere conservativo o chirurgico.
Il trattamento conservativo è generalmente progettato e monitorato per consentire una buona autonomia nella vita di tutti i giorni e una ripresa sportiva, ed è impostato seguendo le cinque fasi della riabilitazione.
Il trattamento chirurgico è riservato alle lesioni parziali che non rispondono alla terapia conservativa prolungata per alcuni mesi e alle lesioni complete. Queste sembrano avere invece una prognosi peggiore e quasi sempre un’indicazione chirurgica.
L’obiettivo del chirurgo è ricreare il cosiddetto “footprint”, ovvero l’esatta anatomia dell’inserzione dei tendini sull’omero. Quando la lesione è inveterata, la retrazione dei monconi tendinei e la degenerazione delle fibre sono tali da impedire al chirurgo di eseguire una re-inserzione anatomica. In questo caso si punta all’avvicinamento dei lembi della lesione.
Il buon risultato della chirurgia a lungo termine dipende dall’integrità della sutura. Nel tentativo di incrementare la percentuale dei buoni risultati a lungo termine si sta diffondendo la tecnica a doppia fila di sutura (double row).
Fondamentale nel programmare la riabilitazione è la collaborazione con il chirurgo che deve fornire informazioni riguardo le caratteristiche del tessuto, il grado di tensione delle suture effettuate e gli obiettivi che sono stati condivisi con il paziente prima dell’intervento. È fondamentale anche il monitoraggio, dovendo da un lato rispettare la guarigione biologica della sutura e dall’altro dare stimoli precoci soprattutto nell’ambito del recupero del ROM (arco di movimento).
La tempistica rieducativa dipende quindi dal tipo di intervento, dal tipo di tutore e dalla prescrizione del suo utilizzo.
Dopo la rimozione del tutore è possibile iniziare il recupero dell’articolarità in piscina con movimenti in flesso-estensione e pendolari evitando l’extra-rotazione. È la fase più delicata, vanno evitati movimenti bruschi e forzature e termina con il consulto del chirurgo solo al completamento del ROM articolare. Successivamente è necessario rinforzare i muscoli del cingolo scapolare, il deltoide, il bicipite/tricipite, il dorsale e il pettorale e successivamente gli intrarotatori ed extrarotatori di spalla attraverso esercitazioni dapprima isometriche e successivamente isotoniche con elastici a intensità crescenti.
Recuperata la forza, attraverso l’esecuzione del test isocinetico di spalla, si deve completare l’iter terapeutico con la ripresa dell’attività sportiva pre-intervento con attività di fluidità, di resistenza ed esercitazioni di educazione al movimento e prevenzione.
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