L’artrosi dell’anca o coxartrosi è una malattia degenerativa dell’articolazione tra il bacino e il femore (coxo-femorale). Si tratta in particolare dell’infiammazione della cartilagine che ricopre l’articolazione dell’anca, dovuta al deterioramento cartilagineo. Contemporaneamente all’usura si realizzano dei tentativi di riparazione naturale che però accentuano la formazione di ossificazioni periarticolari, i così detti osteofiti, che finiscono per ostacolare meccanicamente il movimento articolare.
L’artrosi all’anca può insorgere su articolazioni sane o essere conseguenza di malformazioni o traumi. È più frequente nelle donne e nei pazienti in sovrappeso. Ci sono poi alcuni fattori che aggravano il fenomeno dell’artrosi precoce come ad esempio l’attività lavorativa svolta, la perdita di calcio nelle ossa, la conformazione dell’articolazione e l’atteggiamento posturale che l’articolazione assume durante le attività quotidiane.
Nel primo stadio della patologia, la cartilagine inizia a perdere di spessore mentre nelle ultime fasi tende a scomparire completamente. Di conseguenza si crea attrito tra le ossa durante i movimenti.
I sintomi dell’artrosi all’anca sono in genere chiari e inequivocabili. Inizialmente si manifesta con dolore all’inguine che spesso si irradia all’area anteriore-interna della coscia fino al ginocchio. Proprio per questo motivo a volte ci si focalizza sull’articolazione sbagliata.
Inizialmente il dolore si manifesta solo durante l’applicazione di carico sull’articolazione, mentre negli ultimi stadi il fastidio si avverte anche durante il riposo e in particolare di notte, portando a una riduzione sempre maggiore di mobilità.
Il paziente affetto da artrosi dell’anca sente dolore scendendo le scale, infilando le scarpe, accavallando le gambe, alzandosi dal water, o anche semplicemente camminando. A tutto ciò consegue la zoppia, e la sensazione che la gamba non tenga. A lungo andare anche i muscoli della gamba via via perdono la loro efficienza.
La diagnosi è clinica e radiografica. Le radiografie evidenziano le alterazioni del profilo scheletrico mentre la TAC e la risonanza magnetica rilevano le irregolarità delle cartilagini.
Nel caso dell’artrosi all’anca, un trattamento riabilitativo ben condotto mira alla riduzione del dolore, al recupero del movimento articolare, alla ripresa di una vita attiva e al rallentamento dell’evoluzione della malattia. Il percorso riabilitativo deve essere associato a calo ponderale, riduzione di lavori fisici eccessivi e alla scelta di attività fisiche e sportive adatte.
Bisogna tenere sempre ben presente che le articolazioni sono organi del movimento, e quando una di esse funziona in maniera anomala, si innescano dei meccanismi di compenso dei quali risente tutto l’organismo. Attraverso gli esercizi riabilitativi che sfruttano proprio il movimento, si cerca di conservare il movimento, di ridurre e prevenire l’indebolimento muscolare, di combattere gli atteggiamenti viziati e di mantenere una buona coordinazione.
Un’anca libera dal dolore, forte e mobile abbastanza da consentire una buona qualità di vita è un traguardo raggiungibile dal paziente.
Nei casi molto avanzati di artrosi dell’anca, quando i sintomi diventano invalidanti, si può optare per l’intervento chirurgico di protesi d’anca.
In genere, si consiglia l’esecuzione dell’intervento di protesi d’anca in pazienti oltre i 60 anni, sia in considerazione della durata delle protesi, sia perché con l’età la richiesta di prestazioni fisiche è minore. L’intervento di protesi d’anca permette il recupero di una buona qualità di vita e la risoluzione del dolore con una durata della protesi che supera i 10 anni nel 90% dei casi.
Le protesi d’anca possono essere di 4 tipi:
La riabilitazione dopo l’intervento di protesi d’anca ha come obiettivi il recupero del movimento articolare, della forza muscolare, della coordinazione e dello schema del cammino.
Il medico organizzerà l’inizio del percorso riabilitativo già in ospedale a partire dai primi giorni dopo l’intervento di protesi d’anca, con mobilizzazione degli arti assistita dal rieducatore. Il periodo che segue la dimissione dall’ospedale viene impiegato per ripristinare la forza, la motilità e la funzionalità tipica di quel distretto, con un notevole impegno sia da parte del paziente che da parte del rieducatore.
Il percorso riabilitativo viene svolto in palestra e in piscina, dove il recupero è particolarmente rapido, e infine sul campo dove viene messo in atto un programma specifico di recupero dei gesti che non si eseguivano più correttamente da tempo e che fanno parte invece della normale vita quotidiana.
Il paziente che accede al nostro centro per affrontare la riabilitazione dopo aver subito un intervento chirurgico di protesi d’anca è un paziente complesso nella gestione: è dolorante e timoroso e impaurito, per cui il primo atto del rieducatore sarà quello di rassicurare il paziente e spiegare bene quale sarà l’iter terapeutico, evidenziando che durante le prime fasi potrà avere molto dolore.
Gli obiettivi della riabilitazione sono: evitare la lussazione dell’impianto, recuperare il più possibile l’articolarità mantenendo un atteggiamento prudente (evitare l’intrarotazione e circonduzioni dell’anca), prevenire i pericoli che possono derivare da un’immobilità prolungata e recuperare una funzionalità progressivamente maggiore fino a raggiungere l’autonomia.
La prima fase del programma terapeutico è incentrata sulla riduzione del dolore, attraverso terapie antalgiche (tens, laser, ultrasuoni) e sul recupero dell’articolarità (con gli accorgimenti sopracitati) attraverso massoterapia decontratturante per i glutei, abduttori d’anca, quadricipite e tensore fascia lata e stretching specifico ponendo attenzioni alle posizioni algiche e rispettando le rigidità psicologiche e strutturali.
Eliminato il dolore e migliorata la mobilità articolare, è possibile iniziare la seconda fase del protocollo incentrata sul recupero muscolare. Verranno proposti esercizi specifici per il rinforzo dei glutei per favorire la corretta stazione eretta e la deambulazione, del quadricipite e dei muscoli del core dapprima in forma isometrica e poi progressivamente in controresistenza manuale, con zavorre e con l’utilizzo di palloni bobath.
Recuperata oggettivamente la forza e la deambulazione corretta senza dolore, è opportuno concludere il ciclo riabilitativo con l’ultima fase sul campo con l’obiettivo di recuperare lo schema motorio e ritornare al movimento in tutta sicurezza attraverso esercitazioni propriocettive su superfici instabili o base d’appoggio ridotta per il controllo neuromotorio e altre, più caute, per recuperare il gesto atletico specifico (corsa, calcio, salto).