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La sindrome del tunnel carpale si produce per un conflitto meccanico tra contenente e contenuto all’interno del canale del carpo. Più precisamente il nervo mediano viene compresso contro il legamento traverso del carpo, generando deficit sensitivi e motori di entità variabile.
Esiste una forma primitiva (la più diffusa) dovuta a una sinovite ipertrofica dei tendini flessori e una forma secondaria dovuta a malattie sistemiche (amiloidosi, artrite reumatoide, diabete mellito) o a esiti di fratture a carico del polso che, consolidando, hanno prodotto un restringimento del tunnel.
La sindrome del tunnel carpale prevale nettamente nel sesso femminile, in età fertile ed è spesso bilaterale.
Il fattore ormonale gioca un ruolo cruciale anche se non pienamente chiarito, e questo spiega la maggiore ricorrenza dei sintomi durante la gravidanza e in menopausa.
Nelle forme primitive della sindrome del tunnel carpale i sintomi sono caratterizzati da formicolii tipicamente notturni con sensazione di addormentamento delle prime quattro dita. Nelle secondarie è presente spesso anche il dolore che invece peggiora con il movimento e quindi è prevalentemente diurno.
La diagnosi si basa su test clinici specifici e su un esame elettromiografico per valutare il grado di compromissione del nervo. Possono essere utili altri esami nelle forme secondarie, a seconda del sospetto clinico (esami del sangue, radiografie, Risonanza Magnetica Nucleare).
La prognosi è generalmente benigna con totale scomparsa dei disturbi della sensibilità nelle forme primarie. Il trattamento delle forme primarie della sindrome del tunnel carpale è inizialmente conservativo e si basa sull’applicazione di terapie fisiche (Ultrasuono e Laser Terapia), sul rinforzo dei gruppi muscolari deficitari e su esercitazioni per il recupero della coordinazione. Nelle forme più resistenti la soluzione è chirurgica.
La prima fase del protocollo riabilitativo ha come obiettivo la riduzione della flogosi, attraverso l’utilizzo di terapie fisiche (laser, tens, ghiaccio) e massoterapia drenante dell’avanbraccio e mano e il recupero dell’articolarità, in particolar modo del pollice, attraverso chinesiterapia in trazione del polso, stretching delle strutture capsulari e mobilizzazione attiva e passiva del polso e mano.
Raggiunti l’articolarità completa e un movimento senza dolore/parestesie, si può iniziare la seconda fase della riabilitazione, quella del recupero della forza e della coordinazione fine con esercizi di rinforzo per i muscoli dell’eminenza tenar, dei lombricali e flesso/estensori del carpo (soprattutto in eccentrica, anche manuale) con elastici, palline, retine. L’obiettivo è migliorare il controllo neuromotorio recuperando e allenando i movimenti di opposizione del pollice e il meccanismo della presa.
Il programma riabilitativo termina con l’ultima fase quella del recupero del gesto tecnico in campo con esercitazioni a difficoltà crescente per recuperare in sicurezza la gestualità e i movimenti complessi della mano, braccio, avambraccio in situazioni dinamiche.
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